Quando si parla di conoscenza tacita, la prima associazione è spesso culturale: motivare le persone a condividere ciò che sanno. Ma per i manager questo approccio non basta. Per dimostrare l’impatto del Knowledge Management servono indicatori concreti, che traducano un sapere invisibile in dati leggibili.
La differenza è tra valore percepito e valore dimostrato. Finché la conoscenza tacita rimane confinata a un’intuizione qualitativa, difficilmente entrerà nell’agenda di chi prende decisioni. Ma se diventa un dato che mostra i costi della sua perdita o i benefici della sua valorizzazione, allora si trasforma in argomento strategico.
I rischi economici sono reali: un turnover elevato o un pensionamento non gestito possono comportare spese di ri-formazione, rallentamenti nei progetti, perdita di competenze chiave difficili da sostituire. Collegare questi rischi a indicatori chiari significa inserirli nei processi di Governance della conoscenza e nel calcolo del ROI del KM.
“If HP knew what HP knows, we’d be three times more productive.” Lew Platt, ex CEO HP
Modelli di misurazione possibili della Knowledge tacita
Metriche quantitative
Alcuni aspetti della conoscenza tacita possono essere tradotti in numeri. Il tempo medio di onboarding di un nuovo dipendente, la riduzione degli errori operativi dopo un programma di mentoring o la velocità con cui un team risolve problemi ricorrenti sono indicatori che riflettono, indirettamente, quanto la conoscenza tacita sia stata trasferita con successo.
Metriche qualitative
Non tutto può essere espresso in cifre. Le survey interne, le valutazioni peer-to-peer e gli insight raccolti da interviste o sessioni di storytelling aiutano a fotografare come la conoscenza circola realmente. Questi strumenti forniscono una dimensione narrativa che integra i numeri e aiuta a capire il “perché” dietro le performance.
“Tacit knowledge is personal, context-specific, and therefore hard to formalize and communicate.” Ikujiro Nonaka
Approcci misti
La combinazione dei due livelli è spesso la strada più utile. Tecniche come la Organization Network Analysis permettono di mappare chi detiene quali competenze e come queste fluiscono nei team. Strumenti come il Knowledge Value Score offrono un quadro sintetico che bilancia dati quantitativi e qualitativi, rendendo più chiara la connessione tra asset intangibili e risultati di business.
Strumenti pratici per portare i dati a manager e stakeholder
Dashboard integrate
Un primo passo è collegare i dati già disponibili in azienda. Unendo informazioni HR (turnover, anzianità media, tempi di formazione) con dati di performance e indicatori di collaborazione, è possibile costruire dashboard che rendano evidente l’impatto della conoscenza tacita. Se l’azienda condivide con i suoi dipendenti una piattaforma di Knowledge Management, è possibile per il dipartimento che la gestisce impostare dashboard aggiornate in real time con tutti i KPI da monitorare, considerati importanti per le attività seguite dal team, in un’ottica non solo di misurazione dei risultati ma anche di costante miglioramento.
Modelli di risk assessment
Alcune aziende hanno iniziato a trattare la perdita di conoscenza come un rischio vero e proprio, alla pari di quelli finanziari o operativi. Non è un caso che in Italia molti responsabili del Knowledge Management fanno proprio riferimento al dipartimento aziendale di Risk Management. Attraverso modelli di valutazione è possibile stimare il costo della perdita di competenze critiche, calcolare l’impatto su progetti e clienti e pianificare investimenti di mitigazione.
Un esempio concreto di capitalizzazione della conoscenza tacita
Un’azienda manifatturiera con circa 500 dipendenti ha previsto l’uscita di tre figure Senior chiave nei prossimi tre anni, ciascuna con competenze difficili da trasferire. La direzione ha calcolato i costi di ri-formazione dei sostituti (temporanee inefficienze, perdita di performance aziendale), dei ritardi nei progetti, dei gap di conoscenza e ha deciso di approvare un programma strutturato: mentoring interno, interviste mirate e strumenti di AI per estrarre e organizzare conoscenze tacite. Il budget, pari a circa il 40% della perdita stimata, è stato approvato senza esitazioni. La visibilità economica ha reso evidente che il costo di non agire sarebbe stato nettamente superiore.
Portare la conoscenza tacita dal “soft” all’“hard”
La conoscenza tacita non potrà mai essere del tutto numerica, ma questo non significa che debba rimanere invisibile. Portare alla luce indicatori e modelli di valutazione serve a prendere decisioni di investimento più consapevoli e a ridurre il rischio che competenze preziose svaniscano con le persone che le detengono.
Il punto non è controllare, ma valorizzare. Misurare significa dare dignità economica e organizzativa a un patrimonio spesso sottovalutato. La vera sfida è bilanciare la rigidità dei dati quantitativi con la sensibilità necessaria a interpretare i segnali qualitativi.
Ed è proprio in questa direzione che il tema si collega all’AI. Se una Knowledge Base aziendale integra non solo documenti e procedure, ma anche estratti strutturati di conoscenza tacita, allora l’algoritmo che alimenta l’AI diventa realmente rappresentativo del capitale intellettuale dell’organizzazione. In questo modo l’AI non pesca soltanto da archivi formali, ma attinge anche a esperienze, intuizioni e micro-conoscenze che prima restavano fuori dal radar. Rendere visibile e misurabile la conoscenza tacita significa quindi aprire la strada a sistemi di AI più utili, perché alimentati da un patrimonio più completo e vicino alla realtà del lavoro quotidiano.