In ogni organizzazione la gestione efficace della conoscenza non si esaurisce nella semplice archiviazione di contenuti o nella costruzione di una Knowledge Base. Al contrario, il vero obiettivo del Knowledge Management (KM) è rendere la conoscenza fruibile, utile e accessibile nell’esatto momento in cui serve.
È proprio nel passaggio dalla disponibilità dell’informazione alla capacità di utilizzarla per risolvere problemi che entra in gioco il troubleshooting, detto anche in alcuni contesti ‘percorso condizionato’: uno strumento che trasforma la consultazione passiva in un’esperienza attiva e guidata, orientata alla risoluzione.
Non solo una base dati ma un percorso
Una buona Knowledge Base è la premessa necessaria, ma non sufficiente, per garantire efficienza in molti processi. Anche il contenuto più chiaro, se non è contestualizzato, può risultare dispersivo o difficile da applicare per chi ha urgenza di risolvere un problema concreto.
Nel lavoro quotidiano, che si tratti di assistenza tecnica, gestione interna, procedure HR o processi amministrativi, ciò che conta è arrivare rapidamente alla risposta giusta, non solo sapere dove si trova.
Per questo motivo, in molti progetti di consulenza sul KM si lavora non solo sul consolidamento e la qualità dei contenuti, ma anche sulla loro fruizione guidata, anche attraverso il troubleshooting.
Che cos’è il troubleshooting nel Knowledge Management
Con il termine ‘troubleshooting’ si indica un percorso guidato di risoluzione: una sequenza di passaggi condizionati che, a partire da una situazione iniziale, accompagna l’utente verso la soluzione, adattandosi dinamicamente alle sue risposte.
Nel KM, questo approccio non nasce come qualcosa di separato rispetto alla Knowledge Base, ma si costruisce a partire da essa. Il troubleshooting è infatti una riformulazione attiva del contenuto esistente, organizzato in modo da riflettere i ragionamenti operativi degli utenti: “Se succede questo, cosa devo fare? E se invece accade quest’altro?”.
Il valore del troubleshooting è duplice: da un lato riduce il carico cognitivo, perché solleva l’utente dal dover cercare e interpretare i contenuti; dall’altro standardizza la risoluzione, perché tutti seguono lo stesso percorso, garantendo coerenza e tracciabilità.
Come si costruisce un troubleshooting per il KM
L’introduzione di troubleshooting avviene spesso in una fase matura di un progetto di KM. Una volta che la Knowledge Base è strutturata e che i processi di accesso alla conoscenza sono stati definiti, si analizzano i casi d’uso più frequenti e critici, tipicamente quelli che richiedono più tempo o causano più errori.
Da lì si costruisce una mappa logica: un flusso decisionale che simula il ragionamento di un esperto, ma lo rende ripetibile e accessibile anche a chi ha meno esperienza.
È un lavoro che unisce competenze tecniche e organizzative perché serve conoscere i contenuti, capire i bisogni degli utenti, individuare le variabili rilevanti e trasformarle in un linguaggio semplice ma preciso. Spesso il troubleshooting nel KM è anche un modo per far emergere le incoerenze nei processi o le lacune nella documentazione, contribuendo così a un miglioramento complessivo del sistema di conoscenza.
L’intelligenza artificiale: alleata nel progettare e valorizzare il troubleshooting nel KM
L’introduzione dell’intelligenza artificiale nei progetti di Knowledge Management non riguarda solo i contenuti, ma anche la logica con cui questi contenuti vengono messi in relazione e utilizzati. In questo senso, i percorsi condizionati giocano un doppio ruolo: beneficiano dell’AI e la alimentano.
AI a supporto della costruzione del troubleshooting
Sul fronte della progettazione, l’AI può supportare in più modi:
- analisi semantica delle fonti, per identificare frammenti di contenuto rilevanti
- clusterizzazione dei casi reali, utile per far emergere pattern decisionali ricorrenti
- proposta automatica di logiche decisionali basate sull’analisi di contesti simili
- semplificazione linguistica, per rendere i flussi più accessibili a un pubblico non tecnico.
Questi strumenti, integrati in piattaforme o metodologie di lavoro, non sostituiscono l’intervento umano ma ne aumentano l’efficienza e la precisione, aiutando a costruire percorsi decisionali più robusti.
Il troubleshooting come fonte di addestramento
Al tempo stesso, i troubleshooting rappresentano una risorsa preziosa per l’AI: sono infatti una fonte strutturata di conoscenza esplicita, che può essere “letta” e appresa dai modelli per:
- migliorare la coerenza delle risposte generate
- allenare agenti intelligenti a replicare comportamenti esperti
- alimentare motori semantici con logiche validate
- integrare soluzioni RPA e chatbot con procedure tracciabili.
In questo senso, i percorsi condizionati diventano ground truth operativi: non solo descrivono cosa fare, ma dimostrano come ragiona l’organizzazione nei suoi processi decisionali quotidiani.
Versioning, audit e compliance
Un aspetto particolarmente rilevante nei settori regolamentati è la tracciabilità del ragionamento. I troubleshooting consentono infatti di:
- versionare i flussi decisionali in base a norme o aggiornamenti
- monitorare le scelte fatte dagli utenti, utile per audit o incident analysis
- validare i percorsi prima del rilascio, garantendo coerenza rispetto a policy e vincoli normativi.
In questi contesti, l’AI può essere usata anche per verificare la logica, identificare percorsi ambigui o suggerire miglioramenti predittivi.
Perché introdurre il troubleshooting nel KM
Inserire il troubleshooting all’interno della strategia di KM non è un vezzo tecnologico, ma una risposta concreta a un’esigenza ricorrente: facilitare l’azione.
Nel supporto tecnico, significa risolvere più casi in autonomia, senza dover ricorrere al secondo livello.
Nel back office, vuol dire eseguire una procedura corretta anche senza esperienza pregressa. Nella formazione, può voler dire apprendere affrontando simulazioni guidate.
Il troubleshooting è quindi uno strumento abilitante, che porta la conoscenza a un livello operativo, con ricadute tangibili in termini di produttività, qualità del servizio e soddisfazione dell’utente finale.
La Knowledge Base è inutile se non diventa un supporto operativo
Ogni Knowledge Base è un archivio prezioso, ma perché produca valore reale, va resa navigabile, applicabile, usabile. Il troubleshooting è una delle risposte più efficaci a questa sfida: un ponte tra la conoscenza e l’azione, che permette alle persone di agire con sicurezza anche in situazioni complesse.
Come società di consulenza in Knowledge Management, Aryanna accompagna le organizzazioni proprio in questo percorso: dalla costruzione della base informativa, alla progettazione dei flussi decisionali, fino alla messa a terra di soluzioni realmente utilizzabili nel lavoro quotidiano, anche e soprattutto con il supporto delle ultime tecnologie.